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Un suono «non sinusoidale» è chiamato complesso: esso può essere periodico, o aperiodico. Un suono (o segnale) complesso può essere considerato come la somma (algebrica) di segnali sinusoidali (serie e integrale di Fourier) ciascuno di data frequenza e intensità. Conoscere i valori di questi due parametri per ogni sinusoide significa determinare lo spettro del segnale complesso in oggetto. I segnali sinusoidali che compongono un segnale complesso sono chiamati componenti o parziali. Lo spettro di un segnale complesso può essere r’appresentato sotto forma di un grafico con la frequenza di ciascuna componente sull’asse delle ascisse e il corrispondente livello di intensità (o l’intensità, o la pressione acustica o l’ampiezza) sull’asse delle ordinate. Se il segnale complesso è periodico (con periodo T), esso si può scomporre in un certo numero di segnali sinusoidali le cui frequenze sono multipli interi di una frequenza chiamata frequenza fondamentale. In questo caso i segnali componenti prendono il nome di armoniche: la prima armonica è chiamata fondamentale e la sua frequenza è uguale a 1/T; la seconda armonica ha una frequenza 2/T, la terza armonica 3/T e così via.

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Lo spettro di un segnale complesso periodico è discontinuo: è come si dice uno spettro a righe o discreto. La distribuzione e l’altezza delle righe spettrali è caratteristica del particolare segnale complesso periodico considerato. Lo spettro di un suono puro (cioè sinusoidale) per esempio, è costituito da una sola riga.

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Per un segnale musicale, la distribuzione delle diverse armoniche e la loro evoluzione (in ampiezza e frequenza) nel tempo determina, in parte, il timbro dello strumento che lo produce. Lo spettro delle realizzazioni vocaliche e di certe consonanti come [m], [n], [l], per esempio, è uno spettro a righe. Una linea che congiunge gli estremi superiori delle righe, mostra l’inviluppo spettrale. Esso è determinante nella caratterizzazione di un suono e, in particolare, nel caso delle vocali. Per questo tipo di realizzazioni, i picchi dell’inviluppo spettrale costituiscono le formanti, indicate progressivamente con F1, F2, F3 ecc.

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Nella scomposizione di un segnale complesso periodico può accadere che alcune armoniche non compaiano nello spettro, in particolare può non apparire la stessa fondamentale: il suo valore può tuttavia essere determinato sapendo che corrisponde al «massimo comun divisore» delle frequenze componenti. Inoltre vi sono dei segnali privi con regolarità delle armoniche di un determinato ordine, secondo una data legge.

I due segnali sulla sinistra sono l’uno privo delle armoniche di ordine dispari (quindi anche della fondamentale: in questo caso la regola del massimo comun divisore non è applicabile) e l’altro privo delle armoniche di ordine pari.

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Un segnale complesso aperiodico è caratterizzato dall’avere uno spettro continuo, che comprende cioè un numero infinito di componenti distribuite con continuità sull’asse delle frequenze. Queste componenti, o parziali, non sono delle armoniche perché le loro rispettive frequenze non sono multipli interi di una stessa frequenza (manca quindi anche la fondamentale). In realtà si tratta di un rumore e cioè di un segnale aleatorio.

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Se Ia ripartizione in intensità è uniforme per ogni ottava, fra 20 Hz e 20 kHz, si parlerà di un rumore bianco (A), in opposizione a rumore colorato (B), caratterizzato da zone di frequenza privilegiate.

Le vocali sussurrate presentano uno spettro di rumore colorato e così pure le consonanti occlusive e costrittive sorde: le consonanti sonore invece presentano la sovrapposizione di uno spettro a righe e di uno spettro continuo. Lo spettro di [f] equivale praticamente a quello di un rumore bianco.

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L’analisi spettrale, così come si è fin qui descritta, non sfrutta tutti i risultati dell’analisi di Fourier, che permette di ricostruire un segnale nella sua forma esatta. A questo scopo non basta conoscere la frequenza e l’ampiezza delle sinusoidi che lo compongono, ma anche le loro rispettive fasi. In un certo senso la fase di un segnale sinusoidale indica il valore che esso ha all’istante iniziale;

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Ad un’analisi spettrale che non definisca anche le fasi di ciascuna componente corrispondono in realtà non uno bensì infiniti segnali con la stessa frequenza, ma con forma diversa. I due segnali illustrati hanno ad esempio le stesse (per ampiezza e frequenza) armoniche, ma differiscono nella forma per la diversa fase della fondamentale.

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L’analisi di Fourier vera e propria, definendo le ampiezze, le frequenze e le fasi rispettive delle armoniche, rappresenta in modo univoco uno ed un solo segnale. Non si insiste su questo aspetto della questione giacché l’orecchio è in generale poco sensibile alle differenze di fase; due segnali di forma differente, ma aventi lo stesso spettro ( di frequenza), producono in generale la stessa impressione uditiva.

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